L’attenzione per le diete sostenibili (termine coniato già nei primi anni Ottanta per indicare quei modelli alimentari in grado di rendere più sani l’ambiente e le persone) è cresciuta negli ultimi anni.
Nel novembre 2010, la FAO ha organizzato insieme a Bioversity International il simposio scientifico internazionale “Biodiversità e diete sostenibili: uniti contro la fame”, che ha riformulato la definizione di dieta sostenibile in relazione all’accesso al cibo e alla biodiversità.
Le diete sostenibili sono diete a basso impatto ambientale che contribuiscono alla sicurezza alimentare e nutrizionale, nonché a una vita sana per le generazioni presenti e future.
Concorrono alla protezione e al rispetto della biodiversità e degli ecosistemi, sono culturalmente accettabili, economicamente eque e accessibili, adeguate, sicure e sane sotto il profilo nutrizionale e, contemporaneamente, ottimizzano le risorse naturali e umane.
Per far fronte anche alle esigenze alimentari e nutrizionali di un mondo più ricco e urbanizzato, e con una popolazione in crescita, occorre che i sistemi alimentari subiscano trasformazioni radicali verso una maggiore efficienza nell’uso delle risorse e un consumo di cibo più equo.
Secondo la FAO le diete sostenibili contribuiscono a ridurre l’utilizzo di acqua e minimizzare le emissioni di CO2 , difendere la biodiversità alimentare, valorizzare gli alimenti tradizionali e locali.
Tra gli esempi di diete sostenibili, la FAO cita in particolare la dieta mediterranea, i cui pregi vanno oltre i soli aspetti nutrizionali.
Si tratta infatti di un modello alimentare che favorisce l’interazione sociale attraverso la condivisione dei pasti (sia in casa sia durante le feste tradizionali) e secondo alcuni studiosi dell’Istituto Agronomico Mediterraneo di Montpellier e di quello di Bari, favorisce anche la biodiversità, grazie alle numerose tecniche di preparazione degli alimenti, alla forte eredità culturale, al rispetto delle tradizioni e della stagionalità.
La dieta mediterranea comporta anche un basso impatto ambientale grazie al consumo limitato di prodotti animali. Infine, incorpora un concetto relativamente nuovo: la diversità bioculturale, che deriva dai numerosi modi in cui gli esseri umani hanno interagito con il loro ambiente naturale.
Negli anni questo giacimento culturale ha generato una conoscenza ecologica locale: un serbatoio essenziale di esperienze, metodi e competenze che aiutano le comunità locali a gestire le proprie risorse.
FONTE:
Petrillo in FAO, 2010. 21 Padilla et al., in FAO, 2010. 22 ibidem.
Fondazione Barilla