I sistemi alimentari sono responsabili di circa il 19-29% delle emissioni totali di CO2.
Come possiamo contribuire, da consumatori. alla transizione ecologica?
Uno studio del 2018 è riuscito a stimare che mediamente la dieta di un cittadino europeo genera poco più di 1 tonnellata di CO2 ogni anno (Media UE 1070 kg di CO2 eq). (Sandström, V., et al., The role of trade in the greenhouse gas footprints of EU diets, 2018).
Secondo questo studio l’impronta complessiva del carbonio dipende per oltre l’83% da carne, latticini e uova, per un valore di oltre 840 kg di CO2 l’anno ( i mangimi, la gestione del letame, fertilizzanti per il foraggio, trasporti sono statti considerati nel calcolo)
I prodotti di origine vegetale sono, invece, responsabili per il 9,5%.
Il 4% è causato da oli vegetali, tra cui quello d’oliva e di semi.
1 kg di burro può arrivare a emettere 14,7 kg di CO2.
1 kg di olio d’oliva produce mediamente 5,9 kg di CO2. Di questi, 3,8 kg (64%) andrebbero attribuiti alla produzione in campo, 0,7kg (12%) alla fase di trasformazione, 0,5kg (9%) al trasporto e, infine, 0,9kg (15%) a packaging e imballaggi.
Vi ricordiamo che per ottenere un Kg di oliva occorrono dai 5 ai 6 Kg di olive (variabile dovuta al cultivar, alle piogge invernali, al clima, all’irrigazione, alle piogge nel periodo di raccolta.
Grazie alle capacità dell’ulivo di sequestrare e stoccare anidride carbonica, ogni kg di olio d’oliva assorbe 0,4 kg di CO2 dall’atmosfera durante la fase agricola.
La quota di prodotti animali nella dieta è il fattore più importante che determina l’impronta del consumo alimentare. Anche il cambiamento radicato nell’uso del suolo (cultivar, fertilizzanti, erbicidi, antiparassitari, energia per irrigazione, lavorazione con macchine agricole) e le importazioni giocano un ruolo importante.
La transizione ecologica verso diete vegetali ha un grande potenziale per la mitigazione del cambiamento climatico. Una riduzione realistica delle emissioni di gas serra dovrebbe essere basata su un uso efficiente di pesticidi e fertilizzanti, sostituzione del carburante per la lavorazione del terreno e il trasporto interaziendale, ai mercati, all’esportazione, riduzione degli imballaggi usa e getta.
Un clima che cambia crea minacce considerevoli alla sicurezza alimentare.
Il consumo medio giornaliero di cibo nella maggior parte dei paesi dell’UE è superiore al fabbisogno energetico dietetico medio ( Food and Agriculture Organization of the United Nations FAO, 2015 ).
La raccomandazione di aumentare il consumo di cibi e bevande a base vegetale è ampiamente percepita come promotore della salute. L’elevata assunzione di frutta e verdura è correlata alla maggiore aspettativa di vita osservata nella dieta di vari gruppi in tutto il mondo.
Vitamina C, vitamina E , vari carotenoidi , flavonoidi , isoflavonoidi , acidi fenolici , acido folico , rame, zinco e selenio sono tutti importanti per la difesa antiossidante e si trovano in alimenti e bevande a base vegetale come frutta, verdura, noci, semi, tè, erbe, olio di oliva e vini.
Pertanto, modificare il consumo di cibo per seguire più da vicino le raccomandazioni dietetiche delle autorità sanitarie rappresenta una strategia promettente per migliorare la salute e anche per ridurre gli impatti dei cambiamenti climatici.
Fonte: Ambrosetti, FAO, Sandström, V.