Negli ultimi mesi gli italiani consumano a colazione meno latte fresco (-6 per cento) e a lunga conservazione (-2,7 per cento), ma molto più latte di soia (+13,8 per cento) e di riso (+2,5 per cento). Un nuovo stile di vita che guarda alla salute e non al risparmio.
Il latte di soia tradizionale consiste in una emulsione di grasso, acqua e proteine, contenente all’incirca il 3% di proteine, il 2% di grassi e carboidrati, e lo 0,3% di minerali.
Una tendenza frutto di atteggiamenti improntati a consumi vegetariani e vegani, perché ritenuti più “sani” rispetto a quelli di grassi di origine animale su cui negli ultimi anni si sono sviluppate non poche polemiche, e che negli Stati Uniti ha portato sul mercato 50 nuovi prodotti alternativi al latte di origine animale nei primi sei mesi del 2014.
E’, però, anche una tendenza che trova ragion d’essere nell’aumento del numero di persone affette da intolleranze alimentari – 3,5 milioni in Italia – e da allergie manifeste (2 milioni) o con problemi di digestione (6,3 milioni). Gli italiani consumano ogni anno 53,5 litri di latte, 7 kg di yogurt, 2,1 kg di burro e 20,6 kg di formaggio.
Il latte di soia possiede le seguenti caratteristiche:
- Privo di colesterolo (le sue proteine abbassano il livello totale di colesterolo, riducono le lipoproteine Ldl e aumentano le lipoproteine “buone” Hdl);
- Fonte di lecitina e vitamina E;
- Mancanza di caseina;
- Sicuro per persone intolleranti al lattosio o allergici al latte di vacca;
- Contenuto in grassi poli- e monoinsaturi utile per l’apparato cardiovascolare;
- Gestione del diabete, preferendo latte di soia non addizionato di zucchero, data la capacità di controllo sulla glicemia;
- Contenuto di isoflavoni, ritenuto capace di diminuire i livelli di colesterolo ematico, il rischio di malattia cardiovascolare e capace di agire positivamente sull’osteoporosi, ma caratteristica su cui si dibatte.